Caregiver, qual’è il suo significato?

Il caregiver deve essere un famigliare? Un convivente? Che compiti ha? Ma soprattutto chi si prende cura di lui?

Facciamo un po’ di chiarezza.

Con il termine inglese caregiver si indica colui che “si prende cura” di qualcuno che è in stato di necessità per condizioni di malattia, per età (anziani o bambini) o per necessità (infortunio o disabilità/malattia).

Secondo i dati dell’ISTAT aggiornati al 2018, solo in Italia sono circa 2 milioni e 827 mila i caregiver

 

caregiver significato
Questo implica che ci sia qualcuno che necessita di assistenza, temporaneamente o in modo continuativo e prolungato, e qualcuno che presta il suo servizio, a titolo gratuito o con retribuzione.
La maggior parte delle volte il caregiver presta la sua prestazione a titolo gratuito, magari per un legame familiare.
Nella maggior parte dei casi il caregiver diventa il punto di riferimento sia per gli aspetti concreti che per quelli emotivi sia per il diretto interessato sia per tutti coloro che gli ruotano attorno.
Il caregiver diventa quindi quello che spesso si occupa dei bisogni primari, dell’accompagnare alle visite, del sostenere e affiancare la persona nei momenti più intimi e anche più complicati da gestire, compresi gli aspetti emotivi (assiste ai momenti di sconforto, alle sfuriate, alle gioie e alle delusioni).
Come dicevano, nella maggior parte dei casi il caregiver non è una persona che assume l’incarico del prendersi cura dopo aver seguito un corso, potendo avvalersi di strumenti tecnici e di un supporto strutturato ma si trova per necessità a ricoprire quello che è uno dei ruoli e/o lavori più intensi e impegnativi a livello pratico e sicuramente emotivo.

Lo stress a cui è sottoposto il caregiver è tanto!

Solitamente quando si introduce la figura del caregiver all’interno di una famiglia si sta attraversando un momento di crisi/ricaduta o peggioramento del quadro dell’assistito e quindi
spesso oltre alla difficoltà concreta legata alle mansioni da imparare o da svolgere c’è “l’aggravante” dell’aspetto emotivo che si ripresenta sotto forma di preoccupazione, rabbia,
delusione sia nella persona da accudire sia nella famiglia in cui questo è inserito.

Non è infrequente che ci siano momenti di sconforto o di frustrazione nel caregiver, com’è normale che sia (in ogni lavoro può capitare) ma se il vincolo con l’assistito è familiare (il figlio, il marito, la moglie, il genitore, il fratello..) allora la persona può sentirsi in dovere nel rimanere lì.

Non ci si può semplicemente licenziare (o almeno si sente spesso una pressione sociale e talvolta familiare che rende impensabile anche solo formulare questo pensiero).
Lo stress però lo si prova eccome.
Stress che non è per forza una condizione negativa o dannosa. Lo stress è una risposta fisica, emotiva psicologica assolutamente normale di fronte a delle richieste percepite come intensi e  di difficile gestione.
Provare stress va bene ma se la risposta perdura troppo nel tempo allora quello stress che all’inizio ci mobilita delle energie può diventare logorante e di difficile gestione e impattare sul
benessere fisico, emotivo e psicologico.
Si parla spesso di caregiver burden che è una condizione che spesso si presenta in risposta a un accudimento prolungato in condizioni degenerative e progressive quando il caregiver è lasciato solo (concretamente o emotivamente nella presa in carico).

Alcuni sintomi che compaiono possono essere:
-disturbi del sonno
-difficoltà con in il cibo (mangiare troppo o troppo poco)
– abbassamento del tono dell’ umore
-irritabilità e ansia
-somatizzazioni( dolori vari es: gastriti, dolori muscolari, emicranie.)

Per gestire lo stress ci sono vari modi.
-Occorre per prima cosa capire quale aspetto della cura risulta più faticoso da gestire e chiedere aiuto (se la parte più difficile è la gestione emotiva posso rivolgermi a dei gruppi di autoaiuto presso le associazioni o rivolgermi a uno psicologo per capire come gestire le emozioni);

-Ceare una rete con gli altri membri della famiglia o con gli amici o con i servizi per ottimizzare e delegare la presa in carico (ricorda che insieme si va più lontano).

-Rimanere in ascolto in primis dei segnali interni del caregiver stesso. Per prendersi cura efficacemente di qualcuno è assolutamente necessario avere le risorse per poterlo fare e quindi
occorre dosare bene le energie. Ascoltare la stanchezza, la rabbia, la tristezza, la fatica e rispondere a queste in modo congruo.

-Organizzare delle pause per ricaricarsi(sì, anche prendendosi delle pause per staccare, fare sport, vedere gli amici per un caffè, ..) aiuta a rimanere in equilibrio per più tempo.

-Ricordarsi che se il carico dovesse diventare troppo ci sono anche dei professionisti a cui è possibile rivolgersi (psicologi, assistenti sociali, ..) perchè chiedere un supporto non è un segno di debolezza ma anzi un gesto di grande consapevolezza.

 

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Ricorda che non devi sentirti in colpa se ogni tanto delighi, noi sappiamo che il tuo impegno è costante e che prendersi una pausa ogni tanto non è una colpa ma un dovere!

E ricorda che se dovessi avere bisogno per una chiacchierata noi ci siamo 🙂